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Il presidente degli organi collegiali di autogoverno delle magistrature: ruolo e funzioni

image-art1dell’Avv. Gabriele Pepe
(Ricercatore di Diritto amministrativo presso l’Università degli Studi Guglielmo Marconi)

Il presente articolo intende analizzare in una prospettiva non già politologica ma rigorosamente giuridica il ruolo, laposizione ed poteri del presidente[1] nell’ambito degli organi collegiali di autogoverno delle magistrature. L’indagine, muove dalla teorizzazione gianniniana della primazia quale figura organizzatoria applicabile alle relazioni tra presidente e componenti nell’ambito della collegialità amministrativa; una iuris figura, tuttavia,estensibile in un’ottica generalegeneralea qualsivoglia famiglia di organi collegiali, ivi inclusi gli organi di autogoverno[2].

Il fil rouge della ricerca va rintracciato nell’idea che il presidente, quale figura necessariaper il corretto andamento dei lavori, rivesta una posizione di primazia formale o di primus inter pares[3]con compiti di impulso e coordinamentodelle adunanze;una posizione giuridica che inquadra il presidente in una relazione di equiordinazione, sia pure originale con gli altri componenti dell’organo.

Il presente articolo è idealmente suddivisibile in due parti: una prima nella quale sono descritte le caratteristiche generali della primazia quale figura organizzatoriadai caratteri generali; una seconda nella quale è vagliata la tenuta applicativa del modello delineatoalla luce di alcuni peculiaritratti distintivi che emergono dall’esame degli organi collegiali di autogoverno. In particolare la presente indagine, in una prospettiva teorico-pratica, intende restringere il campo di indaginedella figura presidenziale al Consiglio superiore della magistratura, al Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ed al Consiglio di presidenza della Corte dei conti.

L’analisi persegue, inoltre, l’obiettivo di evidenziare in termini problematici come taluni elementi o vicende afferenti l’ufficio di presidente ed il rispettivo titolare (contestuale posizione di organo monocratico, esercizio di poteri di sovraordinazione, patologico esercizio delle funzioni presidenziali ecc..) risultino potenzialmente in grado dialterarela posizione di primazia formale o di primus inter pares del presidente attraverso un’accentuazione in senso sostanziale delle funzioni da costui esercitate nei confronti degli altri componenti. Ciononostante, attraverso una pluralità di argomentazioni, si confuteranno tali obiezioni riaffermando la validità dei caratteri tipici della primazia quale figura trasversalmente applicabile ad ogni organo collegiale.

[1] La locuzione presidente discende dal latino “praesedens”, colui che siede avanti; ad essa si ispira, altresì, l’ordinamento tedesco con l’espressione “Vorsitzender” da “vor-sitzen”, trovarsi avanti.

[2] Si rinvia in proposito allo studio di PEPE G., La primazia negli organi collegiali pubblici, Editoriale Scientifica, Napoli, 2014.

[3] In passato le nozioni di primazia e di primus inter pares hanno assunto significati differenti tanto nell’ambito delle relazioni infra-collegiali quanto nei rapporti interorganici ed interindividuali. La prima come espressione di una posizione, più o meno accentuata, di sovraordinazione; la seconda, viceversa, quale formula indicativa di una posizione di priorità nella pariteticità.  Si pensi, a titolo esemplificativo, all’esperienza canonistica del Primato di Pietro, inteso quale peculiare rapporto di supremazia speciale sugli Apostoli, schema poi transitato nel rapporto tra il Papa ed il collegio dei Vescovi.

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