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Irresponsabili per decreto legge. Il governo “abolisce” la colpa grave nella responsabilità erariale per incapaci e disonesti. E lo Stato si tiene i danni

di Salvatore Sfrecola

 

Con tutte le riserve dovute alla provvisorietà del testo dell’art. 15, Capo II (Responsabilità) del decreto legge sulle “Semplificazioni del Sistema Italia”, che sarà approvato ad inizio settimana, e nella segreta speranza che possano essere motivo di riflessione, mi sembra utile svolgere alcune considerazioni su quello che, a prima lettura, mi pare un grave pasticcio.

Nelle intenzioni del Governo, e di quanti lo vanno chiedendo a gran voce da mesi, lo scopo di questa norma, che riguarda la “responsabilità erariale”, cioè la responsabilità per danno causato allo Stato o ad un ente pubblico con obbligo di risarcimento, è quello di rassicurare gli operatori delle Pubbliche Amministrazioni che sarebbero restii ad assumere responsabilità ed a firmare atti nel timore, in caso ne derivasse un danno, di incorrere in un giudizio di responsabilità davanti alla Corte dei conti per “colpa grave”. Ho più volte sottolineato l’assurdità di questa richiesta di impunità, considerato che colpa grave significa inescusabile negligenza, marchiana imperizia o irrazionale imprudenza che dovrebbe, in linea di principio, essere assolutamente rara nelle condotte di funzionari pubblici dotati di adeguata preparazione professionale.

Il governo, pertanto, ha scelto la strada di limitare la responsabilità ai soli casi di dolo. E spiega, al primo comma, l’art. 15 che “la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”. Insomma può essere perseguito esclusivamente il dipendente pubblico che abbia voluto danneggiare l’Erario.

E al secondo comma: “limitatamente ai fatti commessi dall’entrata in vigore del presente decreto legge e fino al 31 luglio 2021, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l’azione di responsabilità di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del pubblico funzionario è da lui dolosamente voluta. La limitazione di responsabilità prevista dal periodo precedente non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del pubblico funzionario”.

La relazione illustrativa precisa che “il dolo va riferito all’evento dannoso in chiave penalistica e non in chiave civilistica, come invece risulta da alcuni orientamenti della giurisprudenza contabile che hanno ritenuto raggiunta la prova del dolo inteso come dolo del singolo atto compiuto”.

Non è chiarissimo l’italiano, se non nella volontà del legislatore di escludere ipotesi di dolo che non siano conformi al dettato dell’art. 43 c.p., secondo il quale “Il delitto è doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione… è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione”.

Tuttavia, come abbiamo visto, la limitazione della responsabilità non si applica ai danni cagionati da “omissione o inerzia”. Insomma, chi opera e fa danni non paga se non c’è dolo, ma se non fa risponde per colpa grave se da omissione o inerzia deriva un danno. La “logica” è quella di evitare che, per paura della firma, il pubblico dipendente ometta di fare quello che la legge o le direttive amministrative prescrivono.

Alcune considerazioni s’impongono, già a prima lettura, e consentono di evidenziare anche alcuni profili di dubbia costituzionalità. In primo luogo la natura “temporanea ed eccezionale della norma”, che sarà vigente dalla pubblicazione del decreto legge al 31 luglio 2021 (nella relazione illustrativa si legge 31 dicembre 2021; ma è probabilmente un refuso).

Una norma temporanea ed eccezionale che non appare giustificata da una situazione eccezionale che ben poteva essere individuata nell’“emergenza sanitaria” dichiarata dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020 per la durata di sei mesi. Pertanto, non si comprende come non sia stato coperto dalla normativa eccezionale il periodo della gestione pubblica nel corso della quale molti hanno operato in condizioni di evidenti ed obiettive difficoltà, almeno fino alla “fase tre”.

La norma, invece, prende in considerazione un periodo di tempo nel quale sono previste iniziative destinate a favorire la ripresa dell’economia in un contesto di revisione di attribuzioni e di competenze con semplificazioni varie, soprattutto in materia di contratti pubblici. Per cui si ritiene necessario assicurare agli operatori una relativa tranquillità nella gestione di questi procedimenti, sottraendoli al rischio di rispondere dinanzi alla Corte dei conti ove causassero un danno erariale, con colpa grave, cioè con inescusabile negligenza, marchiana imperizia o irrazionale imprudenza.

Diciamola tutta. Procure e Sezioni della Corte dei conti avranno anche a volte individuato la responsabilità in condotte e omissioni non caratterizzate da straordinaria negligenza o imprudenza, ma è questa una risposta responsabile del Governo e del Parlamento, se il decreto legge fosse convertito in questa versione, di fronte a gravi pregiudizi recati alla finanza ed al patrimonio dello Stato e degli enti pubblici? Quando mai il pubblico Erario sarà risarcito? Mai.

La normativa dell’art. 15 è, inoltre, di dubbia costituzionalità, sotto molteplici profili ricavabili degli artt. 3 e 97 della Carta fondamentale. In primo luogo perché una disciplina derogatoria a tempo, che esclude dal “beneficio” quanti hanno operato nel periodo dell’emergenza appare affetta da ingiustificata disparità di trattamento, certamente rilevante in un giudizio di ragionevolezza, rispetto a quanti hanno operato nel periodo dell’emergenza. Sotto il profilo dell’art. 97, inoltre, risultano lesi i principi del buon andamento e dell’imparzialità in conseguenza della riduzione delle garanzie di legalità nel momento in cui si prevede che danni, anche rilevanti, conseguenza di condotte ed omissioni gravemente negligenti rispetto agli obblighi di servizio, siano punibili esclusivamente nella remotissima ipotesi del dolo con “volontà dell’evento dannoso”, che è molto più della previsione dell’evento e della sua accettazione. In sostanza il legislatore, con questa norma, elimina completamente la responsabilità amministrativa per danno erariale.

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