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Autotutela e sorte del contratto

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Autotutela e sorte del contratto, con particolare riferimento al riparto di giurisdizione e all’individuazione dei poteri del giudice

del dottor Vincenzo Caruso

 

Indice /Abstract:

Il rapporto tra annullamento e aggiudicazione è al confine tra diritto pubblico e diritto privato e tra leggi comunitarie e nazionali.

Dottrina e Giurisprudenza hanno elaborato diverse prospettazioni per il vizio che inficia contratto. Innanzitutto si valutano le ripercussioni a seguito cancellazione ex tunc del contratto.

In secondo luogo analisi profilo del giudice competente e riparto giurisdizione.

Infine la trattazione dinamiche processuali riguardo le sorti del contratto a seguito dell’annullata aggiudicazione, i poteri del giudice e sua centralità con ampliata discrezionalità.

Il Codice Processuale Amministrativo (c.p.a.) opta per l’inefficacia.

Bisogna verificare se si tratta di inefficacia sanzionatoria o di semplice risoluzione.

L’art. 121 del c.p.a. affida al giudice notevole discrezionalità laddove le esigenze imperative siano connesse a interessi economici. Il giudice potrà optare per la conservazione del contratto per motivi tecnici.

Si hanno violazioni gravi tipizzate e violazioni residuali ordinarie ex artt. 121 e 123 c.p.a. a seguito di declaratoria di inefficacia in conseguenza di annullamento aggiudicazione.

Con l’art. 121 il giudice precisa se ex tunc o ex nunc l’inefficacia del contratto in base alle deduzioni parti, gravità condotta e situazione di fatto.

Notevole discrezionalità è affidata al giudice il quale può astenersi dalla dichiarazione di inefficacia nel caso in cui dia luogo a conseguenze sproporzionate.

Rimane da dissipare la dialettica tra tutela della concorrenza (interesse del ricorrente al subentro) e gli interessi pubblici sottesi al contratto affidati alla ponderazione del giudice. Questi ultimi possono prevalere sulla tutela della concorrenza.

La clausola stand and still dà luogo all’inefficacia se ha inciso sull’affidamento del ricorrente. Emerge così l’interesse pubblico sotteso al contratto stesso.

E’ necessario approfondire se l’inefficacia è flessibile in quanto sanzionatoria.

In tal caso si applicherebbe 1418, 1° co. mediante una pronuncia dichiarativa tipica della nullità.

L’individuazione del giudice e le conseguenti criticità: si dovrà scegliere tra eliminazione aggiudicazione e l’eliminazione del contratto stipulato.

La direttiva comunitaria del 2007 considera il rapporto dedotto in giudizio unitario ed è attribuito al giudice amministrativo con giurisdizione esclusiva.

Si procede a stabilire se tale giurisdizione riguarda solo l’inefficacia del contratto o anche la caducazione del contratto a seguito annullamento giurisdizionale.

Si ha una sentenza non restrittiva per l’art. 133 del c.p.a. attraverso una concentrazione e unitarietà dei giudizi. Spetta ad un giudice unico sindacare annullamento d’ufficio se è un atto illegittimo; in base alla evoluzione del processo amministrativo.

Si hanno perplessità in dottrina sulle sorti del contratto per quanto concerne tale tematica in quanto sussistono alterazione dei confini giurisdizionali del giudice amministrativo.

Il c.p.a. mantiene la tripartizione tradizionale, l’allargamento dei poteri cognitori del giudice amministrativo, le azioni di adempimento, l’anticipazione degli strumenti della fase esecutiva alla fase cognitoria entro l’ambito della giurisdizione esclusiva potenziata al punto tale da essere simile a quella di merito come fosse un sintomo della trasformazione profonda del processo amministrativo e si rendono necessari ulteriori dibattiti giurisprudenziali chiarificatori al riguardo.

Il rapporto tra annullamento dell’aggiudicazione, in autotutela o giurisdizionale, ed effetti del contratto medio tempore stipulato si colloca in un’area di confine tra il diritto pubblico e il diritto privato ed è frutto di un complesso intreccio tra normativa europea e normativa nazionale. Nel tempo, in relazione a questa problematica, sono state elaborate da dottrina e giurisprudenza molteplici prospettazioni, in costante evoluzione e approfondimento, in merito alla natura del vizio che inficia il contratto, al giudice competente ed alla tutela dell’aggiudicatario illegittimamente escluso (in dottrina: D. Fata, M. Sanino, G. Chinè, “Le sorti del contratto stipulato a seguito di aggiudicazione illegittima, in Commentario al codice amministrativo” a cura di M. Sanino, Torino, 2011; R. Caranta, Le controversie risarcitorie, in “Il nuovo processo amministrativo”, diretto da R. Caranta, Bologna, 2011, 664; F. Astone, “I contratti pubblici fra ordinamento europeo e diritto interno”, in www.giustamm.it, 1/6/2010; in giurisprudenza: Cons. St. Sez. V, 12.5.2011 n. 2817, Cons. St. Sez. III, 19.12.2011 n. 6638).

In primo luogo, la disamina muoverà dall’individuazione di quali siano, sul piano sostanziale le ripercussioni determinate sul contratto dalla cancellazione ex tunc del provvedimento di aggiudicazione.

In secondo luogo, l’analisi si soffermerà sui profili inerenti alla definizione dell’autorità giurisdizionale chiamata a conoscere delle ripercussioni sul contratto dell’avvenuto annullamento dell’aggiudicazione.

La questione in esame è stata essenzialmente affrontata in chiave di riparto di giurisdizione, onde attribuire a questo o a quel plesso la cognizione dei vari atti di volta in volta oggetto di impugnazione; spesso, poi, ciò è avvenuto con scarso interesse per l’esatta ricostruzione tassonomica del fenomeno, essendo la finalità essenzialmente quella di individuare il giudice competente alla relativa cognizione.

Quindi le ragioni di divaricazione delle due subsequenze procedimentali si sono accentuate anche a prescindere dalla reale convinzione in ordine alla differenza ontologica tra le stesse. In tale contesto le teorie che si sono contese il campo hanno essenzialmente fatto riferimento, da un lato, alla concezione unitaria e, dall’altro, ad una impostazione pluralista. Nel primo caso si è fatto leva sulla continuità degli atti procedimentali, ancorché questi siano annoverabili a differenti ambiti, pubblico o privato. Nella seconda ricostruzione, invece, si tende ad enfatizzare la cesura tra l’ambito pubblicistico e quello privatistico.

La Corte Costituzionale, con sentenza nel 2007, ha optato per la teoria pluralista, avendo affermato che al momento tipicamente procedimentale di evidenza pubblica segue un momento negoziale, nell’ambito di una lettura tradizionale delle situazione giuridiche soggettive coinvolte dall’esercizio del pubblico potere. L’esistenza di questa connessione funzionale impedisce a chiunque, anche al più convinto sostenitore della teoria pluralista, di considerare come non strettamente collegate le due sub sequenze, tanto da ritenere sicuramente non irrilevanti nella seconda fase i vizi della prima fase procedimentale.

Infine, la trattazione si volgerà ad esaminare, specificatamente, le dinamiche processuali implicate dal giudizio in ordine alle sorti del contratto. In particolare, se sussiste una preclusione per il giudice amministrativo a pronunciarsi in ordine agli effetti di un contratto stipulato sulla base di una aggiudicazione annullata in via di autotutela in considerazione della recente sentenza del TAR Piemonte, Sez. II, del 24.11. 2014 e della Cassazione a Sezioni Unite, dell’ 8.8.2012 n. 14260. per cui anche in questo caso la declaratoria di efficacia o inefficacia del contratto deve ritenersi sottratta alla disponibilità delle parti e quindi necessita una pronunzia giudiziale.

La disamina tenderà complessivamente a verificare, considerate le peculiarità del giudizio sulle sorti del contratto a seguito dell’annullata aggiudicazione, i poteri del giudice e la centralità della sua posizione, avuto riguardo all’ampia discrezionalità che connota l’esercizio delle sue funzioni.

Tra le tesi esposte in dottrina e in giurisprudenza in ordine alla natura giuridica del vizio inficiante il contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione, il Codice ha optato per la categoria concettuale maggiormente evanescente.

Il genus inefficacia è, infatti, variegato e disomogeneo.

Sono da chiarire, al riguardo, tutti gli aspetti inerenti alla natura e al regime dell’inefficacia e, in particolare, occorre verificare se essa sia o meno un’inefficacia sanzionatoria, consequenziale ad una patologia del contratto, oppure ad una semplice risoluzione.

Tali profili di indagine trovano una più analitica esplicitazione nell’analisi dettagliata della disciplina introdotta dal Codice in subiecta materia.

La disciplina delineata dagli artt. 121 ss. del Codice del processo è imperniata sulla declaratoria di inefficacia del contratto in conseguenza dell’annullamento dell’aggiudicazione e distingue due gruppi di ipotesi prese in considerazione dall’art. 121 c.p.a. con riferimento alle c.d. violazioni gravi e dal successivo art. 123, con riferimento alle ipotesi di violazione residuali, tipizzate le prime e, quindi, ordinarie le seconde.

Nelle ipotesi di cui all’art. 121 il giudice è tenuto a dichiarare l’inefficacia del contratto, precisando se la stessa debba operare ex tunc o ex nunc. I parametri in base ai quali il giudice è chiamato a valutare attengono alle deduzioni delle parti, alla gravità della condotta della stazione appaltante ed alla situazione di fatto.

Dall’esame del 1 e 2 comma dell’art. 121 appare chiaro che al carattere apparentemente vincolato della dichiarazione di inefficacia sembra contrapporsi un vincolo di segno opposto. Certamente viene affidata al giudice una notevole area di discrezionalità allorché le esigenze imperative siano connesse a interessi economici. Il giudice dovrà, infatti tener conto di una serie di parametri valutativi e, in particolare, sarà spinto a conservare l’efficacia per motivi tecnici solo allorché l’inefficacia non sia funzionale al soddisfacimento delle pretese del ricorrente.

Una discrezionalità ancora più forte è, peraltro, attribuita al giudice qualora questi possa astenersi dal dichiarare l’inefficacia del contratto, in particolare nel caso in cui ciò dia luogo a conseguenze sproporzionate.

Da queste disposizioni emerge quindi la rilevante dialettica tra la tutela della concorrenza conformata al concreto interesse del ricorrente e gli interessi pubblici sottesi al contratto, il cui contemperamento è affidato alla ponderazione del giudice.

In particolare, a fronte dell’interesse pubblico alla conservazione del contratto, la tutela della concorrenza tende sempre più a coincidere con l’interesse del ricorrente al subentro. Nel caso dell’art. 121 lett. a-b, l’interesse pubblico sotteso al contratto può, nella valutazione ponderativi del giudice, ancorata al criterio della proporzionalità, prevalere sulla tutela della concorrenza, benché questa sia stata gravemente incisa dalla violazione degli obblighi pubblicitari.

Anche la seconda delle gravi violazioni prevista dall’art. 121, quella inerente il mancato rispetto dello “stand still period” non dà necessariamente luogo all’inefficacia del contratto ove tale violazione non abbia inciso sulla possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento( Corte di Giustizia CE, Sez. III del 30.9.2010 C-314/09 ed ex multis TAR Brescia n. 4552 del 4.11.2010). In tal caso emerge con evidenza come, più che l’interesse pubblico sotteso al contratto, sia di fatto l’interesse o il mancato interesse del ricorrente a garantire la persistente efficacia del contratto stesso.

A caratterizzare la qualificazione e la disciplina dell’inefficacia, così come emerge dalla disamina delle disposizioni codicistiche, è la sua variabilità. Si è parlato, infatti, di inefficacia flessibile, in considerazione delle svariate gradazioni che essa conosce o può conoscere ed a seconda dei poteri esercitati dal giudice.

Tale inefficacia può essere interpretata come inefficacia sanzionatoria e, in tal senso, essa costituirebbe la sanzione che l’ordinamento impone al contratto in considerazione della nullità che lo affligge.

Tale impostazione avrebbe la sua base nella considerazione dell’imperatività delle norme violate, quali le norme imperative e le norme comunitarie sull’evidenza pubblica e opererebbe, così nell’alveo della classica nullità del contratto per violazione di norme imperative, ex art. 1418, 1° co., c.c.

L’assunto è confermato dalla terminologia utilizzata dal legislatore che si esprime nel senso della “dichiarazione” dell’ inefficacia.

Si tratta, pertanto, di una pronuncia non costitutiva, ma dichiarativa, com’è tipico della nullità. In tale prospettiva, imperatività della norma e dichiaratività della pronuncia sarebbero elementi sintomatici della sussumibilità di tale inefficacia nell’ambito della nullità sanzione.

Assume, poi, rilievo analizzare i profili di criticità inerenti all’individuazione del giudice chiamato a valutare gli effetti sul contratto medio tempore stipulato. Ai fini del soddisfacimento dell’interesse al conseguimento del bene della vita il ricorrente ha bisogno, infatti, sia dell’eliminazione dell’aggiudicazione, sia dell’eliminazione del contratto stipulato con l’aggiudicatario illegittimo. Attuando la direttiva comunitaria n. del 2007, il legislatore ha, invece, considerato il rapporto dedotto in giudizio come rapporto unitario che consta inscindibilmente di aggiudicazione e contratto e ne ha attribuito la cognizione al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva.

Assume rilievo chiedersi, inoltre, se, in effetti, tale tipo di giurisdizione concerna solo l’inefficacia del contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione ope iudicis o anche la caducazione del contratto a seguito dell’annullamento giurisdizionale. Recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 7.11.2011 n. 5032 opta per una lettura non restrittiva dell’art.133 a differenza delle SS.UU. del 30.12.2011 n. 30167, in quanto il principio di concentrazione impedisce una scissione dei giudizi, data l’unitarietà dei giudizi.

In tale prospettiva, spetta alla cognizione di un unico giudice sindacare l’annullamento d’ufficio, se esso sia o meno illegittimo e se produca conseguenze sugli effetti della stipulazione contrattuale.

Ne deriva la preferibilità dell’impostazione secondo cui sono devoluti ad un unico giudice gli effetti che sul contratto producono tutti gli annullamenti, sia quelli giurisdizionali sia quelli in autotutela.

In sintesi, la recente sentenza del TAR Piemonte n. 1906 del 24.11.2014 afferma che il contratto, a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione è colpito da una patologia per cui si ha una speciale ipotesi di nullità sopravvenuta per difetto di causa: l’aggiudicazione rappresenta la causa esterna del contratto, spiegando in tal modo perché l’aggiudicazione ed il contratto vengono sottoposti al brocardo latino “simul stabunt simul cadent”. L’annullamento, infatti, dell’aggiudicazione determina la nullità del contratto per mancanza di causa, essendo irrilevante, a tali fini, il fatto che l’annullamento della aggiudicazione intervenga in via giurisdizionale o a seguito di autotutela.

Il contratto stipulato sulla base di una aggiudicazione annullata potrà esplicare effetti fino a che non intervenga il giudice ad accertare il contrario, non costituendo un elemento indicativo di una patologia del contratto diversa dalla nullità. Gli artt. 799, 2126, 2332 del c.c. ed anche la legislazione speciale europea, rinvengono ipotesi di nullità non incompatibili con una provvisoria efficacia del contratto o rispetto alle quali il legislatore privilegia l’esigenza di conservazione del contratto, riservando al solo contraente debole la legittimazione a farle valere.

Dalle analisi di tali norme emerge un quadro legislativo fortemente influenzato dal diritto europeo, in quanto il legislatore non esita a ricorrere direttamente alla nullità, ovvero alla patologia più grave, per proteggere interessi di ben più ampio respiro. Ciò comunque rende di difficile collocazione sistematica il trattamento giuridico riservato dal legislatore a tali contratti e consente di affermare che la nullità non è ritenuta incompatibile con l’esplicazione di effetti da parte del contratto affetto da tale grave patologia.

La ratio degli artt. 121 e 122 del c.p.a. è di addivenire in breve termine ad una definizione della sorte del contratto; se ciò non accade nell’ambito di un separato giudizio promosso da una delle parti, in coerenza con l’intento del legislatore ad addivenire ad una definizione giudiziale della sorte del contratto. Pertanto non ha alcun fondamento l’affermazione secondo la quale la declaratoria di efficacia o inefficacia del contratto potrebbe essere pronunciata solo contestualmente all’annullamento dell’aggiudicazione, in difetto della quale la relativa domanda sarebbe inammissibile.

La portata del c.p.a. non solo è processuale, ma anche sostanziale e va ad incidere direttamente sul regime giuridico della nullità del contratto stipulato sulla base della aggiudicazione annullata, sostengono i giudici piemontesi, poiché anche l’annullamento della aggiudicazione in via di autotutela incide sulla causa del susseguente contratto determinandone la nullità. Inoltre, alla declaratoria di efficacia o inefficacia del contratto il giudice potrà pervenire sia nel caso in cui gli venga pregiudizialmente sollecitato anche un controllo giudiziario sulla legittimità dell’atto di annullamento dell’ aggiudicazione in via di autotutela e sia nel caso in cui tale atto non venga posto in discussione dalle parti, ma delle quali invochi l’intervento al solo scopo di ottenere una decisione sulla sorte del contratto.

I nuovi aspetti che presenta la tematica degli appalti pubblici è servita, in qualche misura, a dare un quadro d’insieme dell’evoluzione che sta vivendo il processo. L’attenzione rivolta alle problematiche riguardanti l’identificazione del tipo di giurisdizione riconosciuta al giudice amministrativo sulle sorti del contratto ha evidenziato la profonda perplessità nella quale si trova, allo stato attuale, la dottrina su tale tematica. L’origine del problema è da individuare in una sorta di alterazione dei confini tra le tre ipotesi di giurisdizione del giudice amministrativo. Infatti, nonostante il codice del processo amministrativo mantenga la tradizionale tripartizione, le innovazioni che sono state introdotte, quali l’allargamento dei poteri cognitori del giudice amministrativo nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità e della giurisdizione esclusiva, l’introduzione di azioni di adempimento, l’anticipazione di alcuni strumenti tipici della fase esecutiva al momento cognitorio, hanno fatto sì che poteri che prima si facevano rientrare nell’ambito della giurisdizione di merito adesso si inquadrano nell’ambito di una giurisdizione esclusiva, che risulta a tal punto potenziata da presentare elementi di similitudine con la giurisdizione di merito, generando così problemi di identificazione, che rappresentano un sintomo della profonda trasformazione che il processo amministrativo sta vivendo e che per poter essere affrontati necessitano dell’apertura di un dibattito giurisprudenziale sul punto.

 

 

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